[Strumenti] Mordersi la lingua per salvarsi le vacanze
Evitare di rovinarsi le vacanze giudicando gli altri (e se stessi) in meno di 3 minuti.
Qualche volta, quando arriva l’estate, il sogno del riposo tanto agognato si trasforma in tragedia. Perché presi tra troppe cose e responsabilità diventa difficile staccare la spina.
Ognuno di noi è bravissimo a rovinarsi le vacanze a suo modo, ma c’è un tratto che accumuna questi sceneggiati horror: è quel maledetto vizio di dare giudizi sugli altri. Alzi la mano chi pensa di di esserne esente.
Rigirare il dito nella piaga non aiuta
Quando esplode un conflitto è perché l’altro si sente attaccato sul vivo proprio dove più gli fa male e reagisce automaticamente in preda ad impulsi sgradevoli, spesso aggressivi. Qualche volta violenti. Una belva ferita, quando viene messa all’angolo, reagisce in un solo modo: attacca e morde. Tutto ciò per un semplice, banale, giudizio che abbiamo espresso senza pensarci troppo. Anche perché noi, ovviamente, siamo quelli che hanno sempre ragione. O no? :-)
È difficile astenersi dal giudicare, per noi insegnanti lo è ancora di più, perché dare voti, giudizi e opinioni sugli alunni è un aspetto normale del nostro lavoro. Un aspetto, però, cui è bene prestare attenzione. Per esempio provando per qualche minuto a ribaltare la frittata: come ti senti quando sei tu a essere giudicato, ingiustamente, da qualcuno?
Ribaltiamo la frittata con carta e penna (servono 3 minuti)
Prendi carta e penna e prova a buttar giù i sentimenti che si muovono dentro te quando vieni giudicato. Non è difficile. Per esempio puoi partire da queste domande:
quando è stata l’ultima volta che qualcuno ti ha accusato ingiustamente?
come ti sentivi prima che accadesse? Avevi la tentazione di dire la tua su di lui/lei?
come ti sei sentito durante “il fattaccio”?
Come ti sentito dopo?
Mordermi la lingua? Non sia mai!
A volte la cosa più efficace che possiamo fare in queste situazioni è quella meno immediata: attingere con tutte le forze alla nostra capacità di raziocinio e… morderci la lingua. Intendo proprio per davvero non è una metafora letteraria! Un piccolo morsetto che ci distrae dal reagire d’impulso in modo da non doverci pentire subito dopo.
Stai chiedendomi di non esprimere quel che sento?
Non è così semplice. Separazioni, liti furibonde che scatenano conflitti irreparabili originano spesso dal dire senza remore quel che noi pensiamo agli altri quel che è giusto facciano (secondo noi, ovvio). Perché noi sì che lo sappiamo, mica loro stessi! Magari condendo il nostro giudizio con po’ di saccenza inconsapevole. (Quante volte l’ho fatto io? Troppe… )
Mordersi la lingua non è sufficiente per portare la pace nel mondo, certo, ma impedisce l’esplosione emotiva distruttiva o, almeno, ne riduce l’intensità. E lascia spazio a noi stessi e agli altri. Sopratutto se siamo capaci di metterci in ascolto.
Se dopo il momento critico riusciamo a gettare lo sguardo verso l’altro senza giudicare, in silenzio, è li che lasciamo spazio all’altro. È li che si apre un campo dove la belva ferita può iniziare a muoversi e così facendo ridurre la sua carica aggressiva verso di noi e il mondo.
Significa che dobbiamo permettere e subire TUTTO?
Proprio il contrario. L’esercizio del silenzio è a volte la forza più grande che abbiamo a nostra disposizione per esprimere e costruire i nostri confini di protezione nel momento dell’esplosione. Ne parla in modo approfondito il prof. Angelo Gemignani, neuroscienziato dell’università di Pisa nel mio libro:
Difficile?
Si è difficilissimo però pian piano si può imparare. Come? Esattamente come si fa quando si impara ad andare in bicicletta. Cadendo senza farci troppo male.
Smettere di giudicare noi stessi per alleggerirsi
È così che apriamo uno spazio anche per noi stessi. Uno spazio dove, tra l’altro, impariamo a smettere di giudicarci.
Perché quando smettiamo di giudicare gli altri smettiamo di giudicare noi stessi o lo facciamo in modo meno feroce.
E questo si è un gran bel modo per alleggerirsi e non rovinarsi le vacanze.
Un caro saluto e, se volete, mandatemi i vostri commenti. Ciao!
Prof. Mauro
PS
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